Ti sei mai domandato se sei in qualche misura co-dipendente? La definizione di co-dipendenza dal punto di vista clinico è molto pesante, la verità però è che tutti noi in qualche misura lo siamo, ma molti di noi non ne sono consapevoli e soprattutto non vedono come questo sia uno degli ostacoli più grandi a vivere la vita che vogliamo e a creare valore nelle nostre aziende.
Personalmente il mio percorso di consapevolezza è partito molti anni fa, ma solo recentemente ho compreso appieno la portata dell’energia imprigionata da questo meccanismo. Ci raccontano che siamo una mezza mela in cerca dell’altra metà… in realtà mi piace pensare che siamo mele o burro o farina e la vita è una torta!
In una riunione recente di @CocreaSA un collega @Franco Macchi ha usato una metafora che mi piace molto: siamo ingranaggi, sono i nostri pezzi mancanti che ci fanno funzionare insieme, finché pretendiamo di essere un cerchio perfetto non possiamo fare granché, non possiamo incontrare l’altro… non possiamo aggiungere il burro alla nostra farina. Possiamo solo cercare qualcuno “concavo” da dominare. A turno pretendiamo di essere cerchi perfetti o ci trasformiamo in “concavi”, ma raramente ingranaggi che funzionano insieme.
Ecco la co-dipendenza ci fa diventare concavi, ci fa dire che andiamo bene solo se andiamo bene ad un altro, ci fa perdere di vista ciò che vogliamo noi, siamo più interessati a quello che vogliono gli altri, viviamo nella compiacenza, misuriamo il nostro valore in funzione della nostra capacità di risolvere il problema dell’altro. Questa dinamica, non c’è solo nella vita personale, ma vale anche in azienda: la rinuncia a prendere la responsabilità di chi siamo e a giocare tutta la nostra libertà impatta direttamente sulla creazione di valore. Quante volte hai pensato, non si fanno così le cose e poi le hai fatte perché il mercato azionario, il presidente, il vicepresidente, il capo, il collega te lo ha chiesto? Quante volte hai rinunciato a delle conversazioni difficili, solo per paura di ferire qualcuno? O di essere frainteso? O di fare una figuraccia che avrebbe minato la tua immagine? A me è successo molte volte. Quante volte hai rinunciato a chiedere quello di cui avevi bisogno? Delle volte, ancora oggi, è difficile per me definirlo con chiarezza. La cosa controintuitiva che ho sperimentato in questi anni è che spesso il mio bisogno, quando è chiaro, è un regalo per l’altro, accettare che ho dei pezzi mancanti entrare in uno spazio di vulnerabilità apre quella possibilità di incontro che crea valore: fa la differenza.
Rinunciare a questo spazio provoca dei costi in azienda, il primo costo è quel clima che conosciamo tutti … quasi una normalità in molte aziende: sfiducia latente, si lavora, ma non ci si crede, si fa quel che si deve, ma non c’è entusiasmo non c’è energia, quanto costa questo a un’azienda? O anche, al contrario, abbiamo la pretesa di risolvere il problema per dimostrare il nostro valore e arriviamo fino a manipolare le altre persone, convincerle che quello che pensiamo noi sia buono per loro, e che fare le cose a modo nostro sia bene per loro. E alla fine, l’essenziale è che non sia colpa mia…l’importante è che io mi senta a posto, ho fatto il mio dovere, anche se il risultato non c’è stato. E la creazione del valore? Dov’è quella creatività che avrebbe consentito di appoggiarsi gli uni sugli altri e trovare una strada diversa, un’intuizione, lo spazio della sperimentazione, il coraggio di osare. Sacrificata sull’altare dell’essere “a posto”. Nel frattempo consumiamo energia, entusiasmo, aspirazioni, senso e sprechiamo opportunità di vita per noi e per gli altri e certamente non creiamo valore.
Allora se qualcosa di questo risuona in te, ti lascio con la domanda che mi ha molto aiutato: “qual è la soglia sotto la quale questa cosa (che sia una relazione, un lavoro, un’amicizia) non ha più senso per me?” (definirlo con chiarezza ora per allora mi ha consentito di uscire dal dubbio tossico) poi guarda bene quella soglia e se ci tieni a quella relazione, a quel lavoro, domandati cosa puoi fare di diverso perché quella soglia non arrivi mai. Quale paura siamo chiamati ad attraversare per creare quello che vogliamo creare? La scelta è nostra.